Editoriali dalla Diocesi

Il cammino della “Chiesa dalle genti”: una nuova tappa
Il giorno di Pentecoste, festa diocesana delle genti, la commissione per il coordinamento del Sinodo “Chiesa dalle genti” ha pubblicato lo strumento di lavoro per i Consigli diocesani (Presbiterale e Pastorale). Il Sinodo diocesano entra così nella sua seconda fase: dopo aver raccolto le osservazioni dei fedeli – e proprio a partire da esse – l’assemblea sinodale comincia il suo lavoro di riflessione e discernimento, per giungere a consegnare all’Arcivescovo, nella prossima festa di san Carlo, i frutti di tutto il cammino ovvero le costituzioni sinodali che riscriveranno il capitolo 14 del Sinodo 47°. Il mese di giugno sarà determinante per il cammino sinodale: il 4 e il 5 si è dato appuntamento il Consiglio Presbiterale, mentre il 23 e 24 si ritroverà il Consiglio Pastorale diocesano. Entrambi questi organismi non intendono lavorare in modo autonomo e distaccato. Per questo motivo, lo strumento di lavoro predisposto appositamente viene pubblicato sul sito diocesano: perché ogni realtà ecclesiale ne possa fare oggetto di studio e riflessione, e possa poi fare avere il frutto di questo discernimento a qualcuno dei membri dei due consigli (ogni decanato vede la presenza di ameno un membro di questi consigli diocesani). In questo modo il percorso sinodale continuerà ad essere un cammino di tutta la Chiesa Ambrosiana, che sta imparando a riconoscersi “Chiesa dalle genti”. Lasciando allo strumento di lavoro l’informazione dettagliata sugli esiti della consultazione diocesana, è utile dare rilievo a queste tre constatazioni che – come pilastri solidi e ben visibili – permettono al cammino sinodale di procedere sicuro dei frutti che stanno maturando. Primo: anche se in modo non uniforme, tutto il tessuto ecclesiale diocesano grazie al cammino sinodale sta scoprendo il volto colorato e pluriforme di una cattolicità vissuta nel quotidiano ma poco osservata e valorizzata. Secondo: occorre imparare a vivere la conversione dal “fare per” al “fare con”, perché la Chiesa dalle genti possa diventare realtà concreta e quotidiana. Terzo: il Sinodo diocesano non è che il punto di avvio di un percorso di maturazione che ci impegnerà in modo serio e denso di frutti nei prossimi anni.
mons. Luca Bressan
Presidente della Commissione di coordinamento Sinodo “Chiesa dalle genti” Vicario episcopale Arcidiocesi di Milano

Sinodo “Chiesa dalle genti”: a che punto siamo
Se paragonassimo il Sinodo a una corsa ciclistica, potremmo dire che, a oggi, non abbiamo ancora scollinato e il percorso da compiere ci impone un altro pezzo di salita: delle sette fasi previste dal cronoprogramma che scandisce il Sinodo ci lasciamo alle spalle avvio e fase di ascolto. Le prossime, impegnative tappe sono la scrittura, il confronto e poi ancora la sintesi, una proposta definitiva e, finalmente l’arrivo, con la promulgazione ufficiale delle nuove costituzioni. La fase dell’ascolto è stata ragionevolmente lunga (anche se molti avrebbero preferito scadenze più morbide per approfondire di più e meglio) e punteggiata da qualche insidia (per alcuni imputabile alla complessità delle tracce, per altri all’impalpabilità del fenomeno in certe zone della Diocesi). Tuttavia, a qualche giorno dal termine per la consegna dei contributi, riteniamo di potere dire che davvero in molti e capillarmente si sono sentiti invitati all’incontro e al confronto sul tema “Chiesa dalle genti”, pure a fronte delle difficoltà insite nell’approcciare il tema così ampio, complesso, ma certamente cogente, di un volto di Chiesa Ambrosiana in cambiamento. La partecipazione ampia e capillare – riscontrabile dai contributi ricevuti da numerosissimi Consigli Pastorali a vario livello o dalle assemblee di presbiteri, dai numerosi insegnanti di religione e dagli istituti di vita consacrata, dalle comunità di migranti cattolici (e non solo) e da singoli cittadini che si sono sentiti personalmente coinvolti – ci sembra già un dato largamente positivo, testimone del fatto che ‘ci interessa’: il Vangelo di Gesù che parla alle nostre vite; la Chiesa Ambrosiana; il fratello che arriva; la società che vogliamo contribuire a costruire. La tappa più prossima, che impegnerà la Commissione di coordinamento del Sinodo nell’analisi e sintesi del ricco e articolato bagaglio di contributi, è quella della scrittura: ovvero, la stesura delle proposizioni che, in vista del documento sinodale, andranno sottoposte a una prima lettura (in giugno) da parte del Consigli Presbiterale e Pastorale diocesani. Una tappa da affrontare con l’entusiasmo di chi vede il traguardo e con la consapevolezza di avere avuto una grande squadra a tirare la volata.
Simona Beretta
Commissione di Coordinamento Sinodo “Chiesa dalle genti”

Pronti a pensarci come “Chiesa dalle genti”
Dopo una prima fase di ascolto capillare, il Sinodo diocesano entra ora in un momento successivo, cruciale per il suo sviluppo. È agli sgoccioli l’invio degli esiti della consultazione di base (frutto del lavoro di confronto e di ascolto fatto dalle parrocchie, dagli operatori della carità, dai preti e dal mondo della vita consacrata; ma anche da parecchie istituzioni educative, come pure da amministratori locali e dai migranti stessi), che ha fatto giungere alla commissione centinaia di risposte. Mostreremo i numeri e la consistenza di questa fase nelle tracce di riflessione che predisporremo per il consiglio presbiterale e pastorale diocesano. La commissione in queste settimane è concentrata e al lavoro per stendere le sintesi e i testi che faranno da guida al momento strettamente sinodale, vissuto dai due consigli diocesani. Sono tante le indicazioni e i suggerimenti che ci sono giunti, come pure le indicazioni di fatiche e punti di tensione su cui lavorare. Emerge tuttavia con sempre maggiore lucidità un punto che fa da architrave al cammino che stiamo costruendo insieme: per essere all’altezza del cambiamento che la Chiesa di Milano sta vivendo non basta immaginare delle aggiunte o delle integrazioni agli stili che disegnano il nostro volto ecclesiale e la nostra vita di fede. Con più semplicità ma anche con maggiore coraggio occorre invece prepararci e a cambiare, a ripensarci come soggetti diversi, frutto di quel “noi” che è il risultato dell’azione di attrazione che il Crocifisso risorto continua ad esercitare nelle nostre vite e nella storia. Un simile cambiamento non avviene a tavolino e nemmeno sarà frutto soltanto di documenti e di decreti. È opera di una Chiesa che tutta insieme si lascia guidare dallo Spirito santo; è frutto di una Chiesa che sa rimanere concentrata nella contemplazione del disegno che Dio le sta facendo realizzare dentro la storia degli uomini. Per questo motivo il lavoro delle parrocchie, il lavoro dei singoli cristiani e delle comunità non è finito: invitiamo tutti a leggere con attenzione le tracce che a breve pubblicheremo sul sito del Sinodo, per continuare a discernere assieme (passando i vari suggerimenti che vi verranno a qualche componente del consiglio presbiterale o pastorale) come Milano può essere Chiesa dalle genti.
Mons. Luca Bressan
Presidente della Commissione di coordinamento Sinodo “Chiesa dalle genti”, Vicario episcopale Arcidiocesi di Milano

Attirerò tutti a me
«Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me», sono le parole con cui Gesù annuncia ai discepoli e alla folla l’imminenza ed il significato della sua passione, morte e risurrezione. Ed è l’immagine biblica scelta per il Sinodo minore «Chiesa dalle genti». Per Gesù quindi la sua «Ora», come il Vangelo di Giovanni chiama la Pasqua, consiste in una «elevazione», che però a differenza di altre famose assunzioni (cfr. quella di Elia, descritta in 2Re 2) non lo rapisce, allontanandolo dagli umani; anzi esercita su di loro un potere d’attrazione, che li rende inseparabili. Il primo effetto è la raggiunta pienezza della comunione con lui: niente e nessuno potrà ormai separarci, perché il vincolo che si crea trascende ogni logica e dinamica terrena; con lui e per lui siamo veniamo effettivamente elevati in una dimensione «altra», trascendente, quella di Dio. Il secondo, immediata conseguenza del primo, è un’inedita unione anche tra gli uomini, perché, per la prima volta – nella sua plurimillenaria vicenda – l’umanità si sperimenta per quello che è nel progetto di Dio: una sola grande famiglia. Multiforme per lingua, cultura, tradizione e religione, ma unita nell’origine e nella meta. Unita anche nell’amore concreto e solidale con ciascuno è chiamato a prendersi cura degli altri, riproducendo sulla terra il modello trinitario, come indica il documento preparatorio del Sinodo: «Il mistero pasquale è anche rivelazione del volto primo e ultimo di Dio. Attraverso la storia della salvezza Dio si fa conoscere come Trinità – comunione d’amore. Tutti gli uomini sono stati creati a immagine e somiglianza della Trinità, in cui la perfetta unità si mostra come relazione d’amore nella differenza» (p. 19). «[Questo sinodo] è un’occasione provvidenziale per riappropriarci del nostro essere e ripensare la nostra prassi pastorale, sotto lo guida dello Spirito di comunione che unisce in unità popoli diversi per lingua, costumi e provenienza, diventando così più incisiva nella società plurale» (p. 21). Il Sinodo ci sta quindi aiutando a vivere anche la Pasqua, con tale consapevolezza e disponibilità.
don Alberto Vitali
Segretario Commissione di coordinamento per il Sinodo “Chiesa dalle genti”, Responsabile Ufficio per la Pastorale dei Migranti

Il Sinodo: evento spirituale, di chiamata e di conversione personale ed ecclesiale
Siamo nel momento cruciale e più generativo del sinodo diocesano: l’apparente silenzio della macchina sinodale è la cornice che dà spazio al suono prodotto dal fitto lavoro delle tante realtà ecclesiali che in modo capillare stanno trasformando l’annuncio e il discorso (la visione di una “Chiesa dalle genti”) in realtà, in carne ed ossa. Alcuni segnali raccolti muovendomi in Diocesi proprio per osservare tutto questo lavoro – e per imparare da esso – ci rimandano alcune constatazioni che rilancio come risorsa. Sono impressionato anzitutto dalle energie e dalla disponibilità che i territori e i diversi soggetti ecclesiali stanno manifestando. Penso sia corretto leggere questo dato come un primo “miracolo”: l’indizione del Sinodo ha consentito al corpo ecclesiale di scoprire delle energie e delle risorse che nessuno di noi pensava avessimo. Se il frutto fosse già soltanto la capacità di attivare in ogni decanato un luogo in cui leggere e interpretare i segni delle trasformazioni che stiamo vivendo come Chiesa diocesana, sarebbe sicuramente un grande risultato! Ci troviamo dentro un corpo ecclesiale che sta reagendo in modo positivo, che sta entrando nel processo sinodale vivendo come un evento spirituale, di chiamata e di conversione personale ed ecclesiale. Ulteriore osservazione: le energie e le azioni messe in campo possono essere rilette, alla luce dell’esercizio contemplativo richiesto dal testo guida, come segni di quella dinamica di attrazione esercitata dalla croce di Cristo che tutti siamo invitati a riscoprire dentro il cambiamento culturale e sociale delle nostre terre ambrosiane. Il Sinodo si rivela veramente come l’occasione per vedere la Chiesa mentre viene generata continuamente, in ogni epoca, dallo Spirito di Dio come corpo di Cristo. La radice teologica e spirituale del nostro lavoro pastorale davvero sta emergendo con chiarezza. Da qui un compito irrinunciabile: occorre che i decanati diventino sempre più il cuore pulsante del Sinodo. Diventando cioè un laboratorio, un luogo in cui non soltanto si raccolgono ma si interpretano i dati raccolti dalle varie parrocchie e dalle altre realtà ecclesiali e civili, favorendo così lo sviluppo di una lettura nuova, capace di riconoscere i segni dello Spirito che genera la Chiesa. Se il Sinodo minore fosse l’occasione per la nascita di simili luoghi, ci troveremmo di fronte ad un’operazione rivoluzionaria: stiamo per attivare una nuova epoca di implantatio ecclesiae, di radicamento della fede cristiana dentro la cultura e la società così profondamente in cambiamento. Stiamo cioè operando per dare corpo, realtà e carne, alla visione della Chiesa dalle genti che ci guida.
mons. Luca Bressan
Presidente della Commissione di coordinamento Sinodo “Chiesa dalle genti”, Vicario episcopale Arcidiocesi di Milano

Presbiteri e cammino sinodale
Il cammino sinodale sulla “Chiesa dalle genti” si intensifica ogni giorno di più. Anche l’ultima sessione del consiglio presbiterale, tenutasi martedì 13 febbraio a Seveso, ha dedicato uno spazio formativo rilevante al tema del sinodo minore. Alcune testimonianze hanno aiutato a comprendere meglio la responsabilità dei presbiteri. Si tratta di maturare scelte molto concrete e coraggiose: come includere nei percorsi di iniziazione cristiana, nella pastorale famigliare, giovanile e vocazionale, nell’animazione liturgica i numerosi fedeli, presenti ormai sui nostri territori da più generazioni e portatori di tradizioni spirituali diverse? Il processo del meticciato di culture, in atto nella società, riguarda con tutta evidenza anche la Chiesa ambrosiana. Padre Dionysios, ieromonaco dell’arcidiocesi ortodossa di Italia ha ricordato ai consiglieri il senso del suo impegno di presbitero, alimentato da una profonda spiritualità monastica, nella cura degli immigrati ortodossi: sa che i loro fedeli per vivere in serenità il loro lavoro da noi hanno bisogno di trovare nel sacerdote e nel culto un punto di riferimento sicuro per la propria “identità in relazione”. Anche la testimonianza di suor Elsy, appartenente ad una congregazione messicana, presente nella nostra diocesi ormai da 20 anni ha colpito molto. Ha raccontato le fatiche di inserirsi in una cultura tanto diversa dalla sua, ma ha anche testimoniato l’accoglienza sincera del clero milanese che l’ha aiutata con generosità nel suo lavoro. Infine, padre René Manenti, scalabriniano, parroco a santa Maria del Carmine e della parrocchia di san Carlo per i fedeli di lingua inglese ha indicato il percorso di un “noi” ecclesiale che includa le differenze senza dissolverle, come occasione per tutti di conversione all’amore inclusivo di Dio Trinità. Ecco ciò che sta diventando più evidente per tutti in questo cammino sinodale: lavorare per una Chiesa dalle Genti vuol dire avere il coraggio di un percorso più profondo di conversione a Colui che, “innalzato da terra”, attira tutti a sé.
+ Paolo Martinelli
Vescovo e Vicario episcopale

Sinodo minore “Chiesa dalle genti”. La fase di ascolto: passi semplici e gesti impegnativi
Con la pubblicazione delle tracce per la condivisione, il Sinodo minore è entrato in un momento cruciale del suo percorso. La fase di ascolto ha a disposizione tutti gli strumenti (testo guida + tracce) utili a dare vita a un grande e costruttivo dibattito. Attori da coinvolgere: il corpo ecclesiale, nelle sue diverse figure (consigli pastorali, ministri ordinati e consacrati, giovani, operatori della carità), ma anche tutte le persone che desiderano misurarsi con le domande che la Diocesi di Milano si sta ponendo, proprio perché ne condividono il carattere di urgenza e la capacità di futuro (mondo della scuola, amministratori locali, servizi territoriali rivolti alla persona). Dal grado di coinvolgimento e dalla qualità dell’ascolto che avremo saputo creare dipenderà l’esito del percorso sinodale. Perché sia, come l’Arcivescovo ci ha chiesto, un evento di popolo, occorre che questa fase sia curata e molto diffusa: solo così potremo giungere al successivo momento di costruzione e definizione delle proposte sicuri che i discorsi che intavoleremo non sono il frutto delle convinzioni di pochi ma l’esito di un sicuro processo di ascolto del “fiuto” del popolo di Dio (sensus fidei). Essere Chiesa dalle genti: per giungere a realizzare un simile cammino di conversione occorre in questa fase di ascolto miscelare allo stesso tempo gesti impegnativi e passi abbastanza semplici. Gesti impegnativi: è necessario scegliere di vedere, come dice il documento preparatorio, oltre la superficie del quotidiano, le gesta di Dio che si stanno realizzando dentro situazioni e avvenimenti che a prima vista ci appaiono non chiari e non facili da affrontare. Passi abbastanza semplici: basta iniziare ad impegnarsi in questo ascolto, e subito ci accorgeremo che sono tanti i percorsi di conversione già avviati e i sentieri intrapresi. La Chiesa dalle genti è già tra noi: il difficile è riuscire a vederla, superando le paure e le stanchezze che come un velo ci coprono gli occhi, impedendoci di contemplare ciò che lo Spirito santo già opera dentro le nostre vite.
mons. Luca Bressan
Presidente della Commissione di coordinamento Sinodo “Chiesa dalle genti”, Vicario episcopale Arcidiocesi di Milano

Potente è la tua mano, Signore. Introduzione alla Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani
"Potente è la tua mano, Signore (Es 15,6)" è il tema della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani 2018: il cantico celebra la vittoria di Dio contro le forze del male in relazione all’evento fondatore della fede di Israele. In Diocesi è stato indetto un Sinodo minore dal titolo “Chiesa dalle genti”, che vuole rileggere i processi di cambiamento in atto per coglierne l’azione dello Spirito. Processi che riguardano tutte le chiese cristiane, anch’esse rinnovate dalla presenza di fedeli da tutto il mondo. Il programma della Settimana si caratterizza per le celebrazioni dei vesperi secondo le diverse tradizioni, così da offrire la possibilità di incontrare una comunità che celebra la sua fede. Il 25 gennaio nel Tempio Valdese, alla presenza di mons. Delpini, verrà celebrato il 20° anniversario dalla nascita del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, che ebbe un forte impulso dal cardinal Martini. Il cammino di questi anni è stato entusiasmante e non sempre facile: si sono superate le diffidenze iniziali con una stima fiorita in vera amicizia. La situazione oggi è molto diversa, come dice il convegno del 20 gennaio dal titolo “Ecumenismo 2.0”, teso a sottolineare ciò che lo Spirito sta suscitando. La serata per i giovani del 22 gennaio in sant’Ambrogio vede coinvolte le comunità giovanili ortodosse romene, copte, russe, e quella metodista che ha al suo interno un gruppo di giovani ghanesi; per la nostra Diocesi hanno collaborato la Pastorale Universitaria e i Movimenti. Una preghiera, una cena in cui ciascuno porta piatti tipici del proprio paese, e tanti canti natalizi (liturgici e popolari) delle diverse tradizioni eseguiti a turno dalle varie comunità. Incontrarsi e riconoscersi reciprocamente porta a scoprire che il cuore di ciascuno ha le stesse domande e gli stessi desideri, e l’affetto per la persona di Gesù ci fa sperimentare, nella diversità suscitata dallo Spirito, che siamo fratelli perché figli di un unico Padre.
diac. Roberto Pagani
Responsabile Servizio per l'Ecumenismo e il Dialogo, Arcidiocesi di Milano
La Comunità adulta educante
In vista della prossima Settimana dell’educazione (21-31 gennaio), è utile recuperare il significato di alcune parole particolarmente importanti. Quando parliamo di Comunità educante a chi ci stiamo riferendo? Nel vissuto quotidiano è immediato pensare all’insieme degli operatori pastorali dell’oratorio. Non è sbagliato, purché non si perda la consapevolezza che chi si dedica all’azione educativa può farlo solo se inserito in un vissuto ecclesiale vivo. Occorre andare oltre un’idea unicamente organizzativa della Chiesa e sentirsi inseriti nella richiesta del nostro Arcivescovo Mario: recuperare il desiderio di iniziare subito il Regno di Dio. Quando parliamo di Comunità educante vogliamo quindi riferirci alla Chiesa nel suo mistero e nella sua missione, visibili oggi in una Comunità concreta, fatta di uomini e di donne, bambini, giovani, anziani che amano, sperano, soffrono, in un particolare territorio. È una Comunità viva e cosciente di sé, che cammina con la cintura ai fianchi e il bastone in mano, pronta ad uscire per annunciare e vivere il Vangelo della gioia. Soltanto una Comunità che alimenta il desiderio missionario, può generare un’azione educativa vera e seria. Come ci ha insegnato il card. Martini, il vero credente non si esonera mai dalla responsabilità educativa. È un’affermazione forte che ci ricorda che, in quanto adulti, siamo sempre chiamati alla responsabilità e alla relazione educativa con i ragazzi in crescita. L’incontro con i ragazzi e i giovani ci provoca ad assumere peculiari responsabilità umane e sociali, soprattutto oggi che viviamo un contesto culturale in cui spesso sono proprio gli adulti a voler fuggire dalla loro condizione di maturità. In questo senso, la prima preoccupazione di una Comunità educante non è di formare, ma di formarsi! È inoltre bene ricordare che una Comunità può dirsi educante se sa riconoscere l’azione educativa del Padre verso di essa. Una Comunità deve quindi mantenere vivo il desiderio di incontrare la Parola del Vangelo, per rintracciare e assimilare lo stile educativo di Gesù, senza dimenticare la centralità di un vissuto fraterno intenso e l’acquisizione di nuove competenze pedagogiche specifiche necessarie per affrontare la complessità dei bisogni educativi di oggi. La settimana dell’educazione va colta quindi come l’occasione per rinnovare insieme la coscienza di essere educatori in quanto adulti credenti.
don Stefano Guidi
Direttore Fom, Responsabile del Servizio per l’Oratorio e lo Sport, Arcidiocesi di Milano

Il Sinodo Minore “Chiesa alle genti”, percorso di ascolto per una lettura matura dei cambiamenti
Con l’intenzione di dare spessore e solidità ad un cammino di rinnovamento avviato ormai da anni, monsignor Mario Delpini chiede alla Diocesi di iniziare un percorso inedito, quello del sinodo minore. Si tratta in un tempo relativamente breve (un anno) di attivare un percorso articolato e organizzato di ascolto e consultazione che porti il corpo ecclesiale ad una lettura matura dei cambiamenti che sta vivendo, nella convinzione che proprio dentro di essi va cercato il destino di grazia che Dio ci sta preparando. Come recita bene il titolo di questo sinodo minore (“Chiesa dalle genti”), ci è chiesto di leggere insieme come, in un periodo di grandi trasformazioni sociali e culturali, anche l’operazione di raccolta delle genti che lo Spirito santo compie da secoli qui a Milano stia conoscendo trasformazioni sensibili. C’è bisogno di un sinodo, per riuscire in un’operazione simile. Come nella precedente occasione (il sinodo 47°, nel 1995), riprendendo di quel sinodo il capitolo dedicato alla pastorale degli esteri. Questo testo chiede di essere adeguato ai cambiamenti che lo stanno interessando. Si tratta di comprendere come l’arrivo di nuovi popoli ci chiede non soltanto di attivare servizi di accoglienza e percorsi di integrazione, ma più profondamente ci chiama a realizzare una fraternità di diversi. Lo scopo di questo cammino sinodale è eminentemente pastorale. Ogni comunità cristiana, ogni realtà ecclesiale è invitata a reagire alle questioni poste da un testo che farà da guida al percorso sinodale. Ai consigli diocesani (pastorale e presbiterale) spetta il compito di fare sintesi del lungo momento di ascolto, trasformando le riflessioni raccolte in mozioni che verranno consegnate al Vescovo attraverso l’assemblea dei decani. L’esito sarà una Chiesa maggiormente consapevole della propria cattolicità. Una Chiesa dalle genti che con la propria vita quotidiana saprà trasmettere serenità e capacità di futuro anche al resto del corpo sociale, aiutando a superare le paralisi e le paure con cui guardiamo spesso al fenomeno dei migranti. Una Chiesa dalle genti, una Chiesa in sinodo che intende vivere questo cammino proprio per restare fedele alla sua identità ambrosiana: come ai tempi di sant’Ambrogio, in continuità con il suo spirito.
Mons. Luca Bressan
Vicario episcopale

Il cammino dei giovani verso il Sinodo
Il desiderio della gioia abita tutte le stagioni della vita e nell’età giovanile esso si presenta in misura così evidente da poterlo considerare il suo tratto specifico. I giovani nati digitali vivono multitasking: oggi, la ricerca della gioia e del senso della vita li porta a vivere contemporaneamente su più piani. Così Papa Francesco si è rivolto ai giovani nella sua lettera in occasione del prossimo Sinodo: “Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori”. Il prossimo Sinodo dei Vescovi sui giovani, fortemente voluto da Papa Francesco, rappresenta quindi per la Chiesa l’occasione per riflettere circa il rapporto tra le generazioni. Il Sinodo chiede alla Chiesa di rileggere le pratiche pastorali fino ad oggi poste in essere. L’intento è quello di uscire incontro ai giovani, a tutti i giovani, nei loro diversi ambiti di vita per aiutarli a rispondere alla domanda “per chi sono io?”. Questa è infatti la “mossa sinodale”: un giovane incontra la gioia nel momento in cui scopre chi nella sua vita è chiamato a rendere felice. Diverse le proposte in calendario: dalla collaborazione con l’Università Cattolica, alle iniziative di ascolto nell’ambito dello sport, dell’università e del tempo libero, alle possibilità di accostarsi al discernimento attraverso l’iniziativa Start-Up!, al percorso del Gruppo Samuele, alla scuola di vita comune, all’itinerario delineato dalle Veglie di Redditio e in Traditione Symboli, nonché agli esercizi spirituali di Avvento e di Quaresima, per concludere con i pellegrinaggi estivi. Infatti, la prossima estate i nostri giovani saranno invitati dai loro educatori a camminare insieme lungo strade d’Italia ricche di storia e di spiritualità: pellegrinaggi che si concluderanno a Roma, sabato 11 e domenica 12 agosto 2018, dove tutti insieme ci si porrà in ascolto delle parole di Papa Francesco e si pregherà in vista del Sinodo. Il nostro augurio è che attraverso queste iniziative tutti i gruppi giovanili diocesani possano prepararsi al Sinodo attraverso la ricezione dei suggerimenti e degli spunti che il Documento Preparatorio ci ha offerto e continua a offrirci: il Sinodo è certamente “dei Vescovi”, ma è la Chiesa intera che vi partecipa a partire proprio dai giovani stessi e dai loro educatori.
don Massimo Pirovano
Responsabile del Servizio per i Giovani e l’Università
Messaggio per la giornata diocesana di Avvenire
I cristiani hanno qualche cosa da dire. La missione indiscutibile che Gesù ha affidato ai suoi discepoli, incaricandoli di essere il sale della terra e la luce del mondo, è difficilmente compatibile con l’afasia imbarazzata che caratterizza alcuni cristiani. Di fronte agli argomenti di attualità, assediati dai luoghi comuni, dalle ricostruzioni approssimative di problematiche, dallo scherno di chi squalifica l’interlocutore prima che abbia aperto bocca, i cristiani si sentono zittiti, preferiscono tacere “per evitare discussioni inconcludenti”. È vero che talora discutere non serve a nulla se non ci si mette in discussione ma si vuole solo ribadire quello di cui si è convinti; è vero che su argomenti di attualità i giudizi possono essere legittimamente diversificati; è vero che argomenti complessi non si possono ridurre a battibecchi durante la pausa pranzo. Tuttavia i cristiani devono avere qualche cosa da dire sugli argomenti di cui si discute in ufficio, in treno, nella cerchia degli amici, negli incontri occasionali. Ma per avere qualche cosa da dire è necessario essere informati, attingere a fonti affidabili su quello che capita, evitare di censurare i dati in basi a una tesi che è già consolidata perché funzionale agli interessi dominanti. Per questa informazione pacata, per l’attenzione a confrontare opinioni diverse, per l’apertura a notizie che provengono anche da angoli di mondo trascurati dai notiziari attenti solo al cortile di casa, mi sento di raccomandare la lettura, l’abbonamento, la diffusione di Avvenire. Per la verità mi sembra doveroso raccomandare più in generale l’intraprendenza, la franchezza, l’onestà intellettuale, la capacità di ascolto, insomma molte virtù che facilitano il dialogo, che consentono di approfondire il confronto e che sono occasione di testimonianza. Avvenire è uno strumento utile e merita di essere meglio utilizzato nelle comunità cristiane. Solo un utilizzo più corale può renderlo anche migliore, attento a farsi luogo di incontro della molteplicità delle sensibilità presenti nella comunità cristiana, disponibile anche ad essere critico e autocritico per rendere possibile il passo più avanti nel servizio al bene comune. Desidero però oggi esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che “fanno il giornale” che apprezzo anche per la buona ragione che sono personalmente lettore abbonato da alcuni decenni. E desidero dire grazie a tutti i generosi promotori della diffusione di Avvenire con il fedele servizio alla buona stampa che dovrebbe essere presente in ogni parrocchia e comunità. Mi piacerebbe trovare presto un’occasione per fare di questa gratitudine una festa condivisa e uno stimolo a una diffusione più capillare e a una lettura più attenta e fruttuosa del giornale. Intanto, a tutti, grazie di cuore!
+ Mario Delpini
Arcivescovo

S. Messe di Avvento in Duomo: l’Arcivescovo invita e incontra sei categorie
I nonni, gli insegnanti, i nati nel 1951, gli infermieri, le badanti, gli sportivi. Sono queste le categorie di persone che l'Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, invita in Duomo a Milano per la Messa delle 17.30 nelle domeniche di Avvento. L'Avvento, tempo liturgico che la Chiesa vive come preparazione al mistero del Natale, da qualche anno la Diocesi ambrosiana lo pensa anche come occasione per sottolineare il valore della Cattedrale, della preghiera con il Vescovo, per approfondire le ragioni della fede e offrire l’opportunità di riavvicinarsi al messaggio cristiano. Ogni domenica avrà una speciale attenzione per alcune situazioni: di esperienza familiare, attività lavorativa o generazionale. Si inizia la prima domenica di Avvento con i nonni (12 novembre), poi gli insegnanti (19 novembre). Il 26 novembre l’Arcivescovo invita in Duomo tutti coloro che sono nati nel suo stesso anno, il 1951. A seguire gli infermieri (3 dicembre), le badanti (10 dicembre) e gli sportivi (17 dicembre). Alcune celebrazioni delle 17.30 in Cattedrale saranno precedute alle 16.45 da un momento di dialogo con la categoria invitata quel giorno. Serve la collaborazione di tutti per estendere l'invito dell'Arcivescovo a queste categorie di persone: sul sito della Diocesi è disponibile un volantino invito per ogni domenica. In ogni parrocchia farsi carico di diffonderlo e consegnarlo agli interessati è un importante gesto missionario che aiuta l'Arcivescovo a fare giungere a tutti il proprio invito.
Mons. Davide Milani
Responsabile comunicazione, Arcidiocesi di Milano

La santità: ideale desiderabile al cuore dell’uomo del nostro tempo
Il mese di novembre, sentito perlopiù come un tempo malinconico, inizia in realtà nel modo migliore, con la celebrazione della solennità di tutti i santi. San Bernardo di Chiaravalle dice: “Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri”. I desideri e la santità? Possono stare insieme? Certo! La vita dei santi è una esistenza riuscita, compiuta, spesso passata attraverso prove. Se compresa bene, la santità è un ideale profondamente desiderabile al cuore dell’uomo e della donna anche del nostro tempo. Pensiamo solo a due santi canonizzati un anno fa: Madre Teresa di Calcutta, che ha saputo incarnare la misericordia di Dio attraverso una compassione profonda per tutte le persone emarginate; Ludovico Pavoni, che ha unito attenzione sociale, educativa e professionale. Quante figure stupende ha la nostra Chiesa! Gianna Beretta Molla, Enrichetta Alfieri, Luigi Monti, Carlo Gnocchi, Luigi Monza, Luigi Talamoni e tanti altri. La solennità di tutti i santi ce li fa ricordare “insieme”, cioè come “comunione dei santi”. Infatti, una vita santa è sempre una “vita in relazione”. L’amicizia tra i santi è uno spettacolo di umanità. Questo ci ricorda che anche noi siamo fatti non per la solitudine ma per vivere in comunione gli uni con gli altri. Da questa solennità discende una luce potente anche sulla commemorazione di tutti i defunti (2 novembre). Pensiamo ai nostri cari “passati all’altra riva”, preghiamo per loro, andiamo a far loro visita al cimitero, sostenuti dalla grande speranza che ha animato la vita dei santi: Gesù, crocifisso e risorto, ha vinto il male e la morte. Il filosofo Gabriel Marcel affermava: “dire ad una persona: ti amo, è come dire: tu non morirai”. Perché l’amore vince la morte. La speranza cristiana ha l’audacia di credere nella “risurrezione della carne”. E’ l’annuncio che tutto quanto abbiamo vissuto in questa vita non andrà perduto, sarà trasfigurato in Dio; ritroveremo i volti che abbiamo amato. I santi sono stati mossi da questa speranza; per questo hanno vissuto “alla grande” e ci invitano a fare lo stesso.
+ Paolo Martinelli
Vescovo e Vicario episcopale
Accogliere l’Arcivescovo Mario: la bellezza di un cammino di concretezza
Ci ha colpito tutti l’intensità della preghiera liturgica e nello stesso tempo la scioltezza familiare con cui si è presentato e noi abbiamo accolto il nostro nuovo Arcivescovo Mario Delpini. Mi è sembrato che questo possa essere lo stile per il cammino della nostra Chiesa: siamo Chiesa che nella celebrazione domenicale contempla l’opera di Dio e nello stesso tempo si sente sicura, aperta, e sciolta. Sicura di essere amata dal suo Signore. Sciolta da paure che non la rendono capace di vedere di quante pietre vive e preziose è composta, e di appassionarsi ad essere un segno della Gerusalemme nuova che l’Agnello va costruendo con il dono del suo sangue. Sciolta dall’inerzia del “si è sempre fatto così” e aperta ad imparare a fare, a tutti i livelli, un “cammino insieme”, che è sempre opera dello Spirito santo, che è disciplinato nell’agire e coraggioso nelle riforme necessarie nel cambiamento d’epoca che stiamo attraversando. Abbiamo accolto “l’Arcivescovo”. Noi ambrosiani siamo fatti così: accogliamo l’Arcivescovo perché è l’Arcivescovo, così come accogliamo il Parroco perché è il Parroco. Qualche volta anche noi siamo tentati di personalizzare la figura vescovo, creando tifosi e avversari per i più svariati motivi, ma credo che lo stile dell’Arcivescovo Mario ci aiuterà a ritrovare la scioltezza e la bellezza di un cammino che continua, senza perdere nulla dei passi fatti, anzi valorizzandoli per procedere insieme nel cammino. Personalmente ritengo che il nostro non sia il tempo del “ricominciare da capo” o degli “effetti speciali che ci stupiscono”, piuttosto quello della concretezza, del creare insieme condizioni che ci rendano vicini, solidali, contenti di vedere altri, i piccoli e i poveri, a loro volta contenti. Abbiamo accolto l’Arcivescovo “Mario”. Con la sua originalità, il suo stile, la sua storia e il suo cammino. Abbiamo già condiviso con lui molti anni nel servizio alla Chiesa, e moltissimi lo hanno incontrato nelle sue visite alle parrocchie e ai Decanati. “Un editto che vorrei enunciare – ha detto qualche settimana fa scherzando, ma non troppo - è che è proibito lamentarsi su come vanno le cose, ma essere gente che, prendendo visione delle cose, mette mano ad aggiustare questo mondo, senza presunzione di avere ricette già pronte, proprio perché siamo tutti chiamati a mettere a frutto la vocazione che abbiamo ricevuto, ognuno con i propri carismi”. Credo proprio che il nuovo Arcivescovo ci farà lavorare tanto! E ci farà lavorare “insieme”.
+ Franco Agnesi
Vicario episcopale