Milano, 7 luglio 2017 Papa Francesco ha nominato mons. Mario Delpini nuovo Arcivescovo di Milano. don Davide Milani, Responsabile Ufficio Comunicazioni Sociali Arcidiocesi di Milano |
Carissime e carissimi,
con questa lettera desidero raggiungere tutti i battezzati, le donne e gli uomini delle religioni e di buona volontà, per esprimere la mia gratitudine per il dono della Visita Pastorale Feriale giunta ormai alla sua conclusione.
Nelle sue tre fasi, essa ha consentito a me e ai miei collaboratori di toccare con mano la vita di comunione in atto nella Chiesa ambrosiana, non certo priva di difficoltà e di conflitti e tuttavia appassionata all’unità. La preparazione della Visita, svoltasi in modo forse un po’ diseguale nei vari decanati, l’atteggiamento di ascolto profondo in occasione dell’assemblea ecclesiale con l’Arcivescovo, la cura nell’accogliere nelle realtà pastorali il Vicario di Zona o il Decano, e la proposta del passo da compiere sotto la guida del Vicario Generale, hanno confermato ai miei occhi la vitalità di comunità cristiane non solo ben radicate nella storia secolare della nostra Chiesa, ma capaci di tentare, su suggerimento dello Spirito, adeguate innovazioni. Questa attitudine di disponibilità al cambiamento l’ho toccata con mano sia nelle parrocchie del centro, sia nelle grandi parrocchie di periferia, esplose negli ultimi sessant’anni, sia nelle città della nostra Diocesi, sia nelle parrocchie medie e piccole.
È stata però la Visita del Papa a farmi cogliere nitidamente l’elemento che unifica le grandi diversità che alimentano la nostra vita diocesana. La venuta tra noi del Santo Padre è stata, infatti, un richiamo così forte da rendere visivamente evidente che la nostra Chiesa è ancora una Chiesa di popolo. Certo, anche da noi il cambiamento d’epoca fa sentire tutto il suo peso. Come le altre metropoli, siamo segnati spesso da un cristianesimo “fai da te”: ce l’hanno testimoniato gli arcivescovi di grandi Chiese in tutto il mondo che in Duomo hanno raccontato l’esperienza delle loro comunità. Non manca confusione su valori imprescindibili; spesso non è chiaro il rapporto tra i diritti, i doveri e le leggi… Ma è inutile insistere troppo sull’analisi degli effetti della secolarizzazione su cui ci siamo soffermati in tante occasioni. Più utile, anzi necessario, è domandarci – con ancora negli occhi il popolo della Santa Messa nel parco di Monza, l’incontro con i ragazzi a San Siro, l’abbraccio al Santo Padre degli abitanti delle Case bianche e dei detenuti di San Vittore, e soprattutto la folla che ha accompagnato la vettura del Papa lungo tutti i 99 km dei suoi spostamenti – che responsabilità ne viene per noi? Come coinvolgere in questa vita di popolo i tantissimi fratelli e sorelle battezzati che hanno un po’ perso la via di casa? Come proporre con semplicità in tutti gli ambienti dell’umana esistenza la bellezza dell’incontro con Gesù e della vita che ne scaturisce? Come rivitalizzare le nostre comunità cristiane di parrocchia e di ambiente perché, con il Maestro, si possa ripetere con gusto e con semplicità a qualunque nostro fratello “vieni e vedi”? Come comunicare ai ragazzi e ai giovani il dono della fede, in tutta la sua bellezza e “con-venienza”? In una parola: se il nostro è, nelle sue solidi radici, un cristianesimo di popolo, allora è per tutti. Non dobbiamo più racchiuderci tristi in troppi piagnistei sul cambiamento epocale, né ostinarci nell’esasperare opinioni diverse rischiando in tal modo di far prevalere la divisione sulla comunione. Penso qui alla comprensibile fatica di costruire le comunità pastorali o nell’accogliere gli immigrati che giungono a noi per fuggire dalla guerra e dalla fame. Ma, con una limpida testimonianza, personale e comunitaria, con gratitudine per il dono di Cristo e della Chiesa, siamo chiamati a lasciarlo trasparire come un invito affascinante per quanti quotidianamente incontriamo.
A queste poche e incomplete righe vorrei aggiungere una parola su quanto la Visita Pastorale ha dato a me, Arcivescovo. Lo dirò in maniera semplice: durante la celebrazione dell’Eucaristia nelle tante parrocchie e realtà incontrate, così come nei saluti pur brevi che ci siamo scambiati dopo la Messa, e, in modo speciale, nel dialogo assembleare cui ho fatto riferimento, ho sempre ricevuto il grande dono di una rigenerazione della mia fede e l’approfondirsi in me di una passione, quasi inattesa, nel vivere il mio compito. Ma devo aggiungere un’altra cosa a cui tengo molto. Ho appreso a conoscermi meglio, a fare miglior uso dei doni che Dio mi ha dato e, nello stesso tempo, ho imparato un po’ di più quell’umiltà (humilitas) che segna in profondità la nostra storia. Ho potuto così, grazie a voi, accettare quel senso di indegnità e di inadeguatezza che sorge in me tutte le volte che mi pongo di fronte alle grandi figure dei nostri patroni Ambrogio e Carlo.
Se consideriamo la Visita Pastorale Feriale dal punto di vista profondo che la fede, la speranza e la carità ci insegnano, e non ci fermiamo a reazioni emotive o solo sentimentali, non possiamo non riceverla come una grande risorsa che lo Spirito Santo ha messo a nostra disposizione e che ci provoca ad un cammino più deciso e più lieto. Seguendo la testimonianza di Papa Francesco, la grande tradizione della Chiesa milanese può rinnovarsi ed incarnarsi meglio nella storia personale e sociale delle donne e degli uomini che abitano le terre ambrosiane.
La Solennità della Santissima Trinità che oggi celebriamo allarga il nostro cuore e rende più incisivo l’insopprimibile desiderio di vedere Dio: «Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto”. Il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto» (Sal 27 [26] 8-9a).
Angelo Card. Scola
Arcivescovo nella Solennità della Santissima Trinità Milano, 11 giugno 2017
Non abbiamo che questo
I cristiani sono gente per bene.
Vescovo e Vicario Generale, Arcidiocesi di Milano
I cristiani sono gente per bene.
Parcheggiano con criterio, se sbagliano una manovra chiedono scusa. Sono gente per bene: parlano senza troppe parolacce, discutono senza gridare troppo, parlano di calcio e di politica, un po’ come fanno tutti, lamentano dei mali presenti, un po’ come fanno tutti. Sono gente per bene: se c’è da dare una mano, non si fanno pregare; se capita una disgrazia sono tra i primi a commuoversi e a soccorrere, per la festa del paese ci prendono gusto a organizzare il pranzo comunitario e la pesca di beneficenza.
I cristiani e il loro cruccio.
Tuttavia i cristiani sentono dentro una inquietudine e c’è un cruccio che li lascia tranquilli. Guardano i loro bambini e sospirano: “Come sono belli e cari! Ma che sarà di loro? Non siamo in grado di assicurare loro la gioia!”. Applaudono gli sposi novelli, hanno ma come un retropensiero: “ Come sono contenti! Ma durerà? Non siamo in grado di assicurare la fedeltà!”. Attraversano con un senso di colpa i giardinetti in cui bivaccano adolescenti inconcludenti: “Quanto tempo sciupato! Quanti talenti sotterrati! Non siamo in grado di aiutarli a rispondere alla loro vocazione!”.
Ecco come sono i cristiani: sono inadeguati e sanno di non essere all’altezza della loro missione. Sono là per essere sale e non riescono a dare sapore! Sono là per essere luce e anche loro talora sono avvolti da un grigiore confuso. Ecco come sono i cristiani: gente per bene, che non è all’altezza delle sfide di questo tempo complicato.
Né argento né oro: solo il Nome.
C’è però da dire che l’essere inadeguati al compito non è, per i cristiani, motivo di scoraggiamento. Non si sentono complessati. Continuano a ripetere le parole di Pietro: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo…!”(At 3,6)
Per questo, ogni anno, i cristiani percorrono le vie della vita quotidiana celebrando la processione del Corpus Domini, per dire a tutti: “Siamo gente per bene, abbiamo tutte le buone intenzioni, non siamo all’altezza. Però questo sì possiamo offrirlo: il Pane della vita eterna. Siamo cristiani!”
Mario DelpiniEcco come sono i cristiani: sono inadeguati e sanno di non essere all’altezza della loro missione. Sono là per essere sale e non riescono a dare sapore! Sono là per essere luce e anche loro talora sono avvolti da un grigiore confuso. Ecco come sono i cristiani: gente per bene, che non è all’altezza delle sfide di questo tempo complicato.
Né argento né oro: solo il Nome.
C’è però da dire che l’essere inadeguati al compito non è, per i cristiani, motivo di scoraggiamento. Non si sentono complessati. Continuano a ripetere le parole di Pietro: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo…!”(At 3,6)
Per questo, ogni anno, i cristiani percorrono le vie della vita quotidiana celebrando la processione del Corpus Domini, per dire a tutti: “Siamo gente per bene, abbiamo tutte le buone intenzioni, non siamo all’altezza. Però questo sì possiamo offrirlo: il Pane della vita eterna. Siamo cristiani!”
Vescovo e Vicario Generale, Arcidiocesi di Milano
Sabato 20 maggio appuntamento con l’Andemm al Domm, una festa per dialogare, raccontare e gioire
L’Andemm al Domm è ormai un appuntamento importante nel calendario diocesano e noi vogliamo che continui ad esserlo per lungo tempo.
Nata come marcia per attirare l’attenzione sul valore della scuola cattolica, questa iniziativa fu promossa dalle associazioni dei genitori e da subito sostenuta dalla diocesi. Il nostro desiderio è che diventi sempre più una festa della scuola, dell’educare attraverso la scuola, una festa proposta dalle scuole cattoliche a tutti coloro che amano la scuola, un’occasione per mostrare la nostra passione, per gioire nel sentirci uniti dalla comune ispirazione cristiana e insieme aperti al dialogo con tutti, per raccontarci e raccontare qualcosa del bello che stiamo vivendo.
È questo – ci sembra – un modo efficace per dimostrare che stiamo offrendo un contributo positivo alla scuola del nostro paese e alla stessa società. Purtroppo, una buona fetta dell’opinione pubblica non guarda alla scuola cattolica con simpatia. La definisce “scuola privata” e ne fissa così le caratteristiche: una scuola alternativa alla statale, per pochi eletti (per lo più benestanti), una scuola sicura ma chiusa, confessionale e quindi di parte. Qualcuno arriva addirittura a ritenerla una scuola pensata a scopo di lucro. È un ritratto che nel quale non ci riconosciamo. Ci piacerebbe poterne parlare con calma e libertà.
In ogni caso, la Chiesa non potrà mai rinunciare ad un suo impegno anche diretto nell’educazione scolastica dei ragazzi. Certo questo non è l’unico modo di operare all’interno del mondo della scuola. Vi sono uomini e donne che a partire dalla loro fede svolgono in modo esemplare il compito di dirigenti scolastici, di docenti e di operatori tecnici e amministrativi nella scuola statale. Ma non possiamo escludere la possibilità di dar vita anche a scuole cattoliche.
Il nostro sogno è che si arrivi finalmente a guardare alla scuola cattolica nel quadro più ampio della scuola libera – come già succede in molti paesi europei – riconoscendole piena legittimità e non facendole mancare le risorse necessarie. Intanto però facciamo festa per la scuola, con tutti coloro che lo desiderano. Ci diamo dunque appuntamento per il mattino di sabato 20 maggio in piazza Duomo insieme con il nostro Arcivescovo.
+ Pierantonio Tremolada
Nata come marcia per attirare l’attenzione sul valore della scuola cattolica, questa iniziativa fu promossa dalle associazioni dei genitori e da subito sostenuta dalla diocesi. Il nostro desiderio è che diventi sempre più una festa della scuola, dell’educare attraverso la scuola, una festa proposta dalle scuole cattoliche a tutti coloro che amano la scuola, un’occasione per mostrare la nostra passione, per gioire nel sentirci uniti dalla comune ispirazione cristiana e insieme aperti al dialogo con tutti, per raccontarci e raccontare qualcosa del bello che stiamo vivendo.
È questo – ci sembra – un modo efficace per dimostrare che stiamo offrendo un contributo positivo alla scuola del nostro paese e alla stessa società. Purtroppo, una buona fetta dell’opinione pubblica non guarda alla scuola cattolica con simpatia. La definisce “scuola privata” e ne fissa così le caratteristiche: una scuola alternativa alla statale, per pochi eletti (per lo più benestanti), una scuola sicura ma chiusa, confessionale e quindi di parte. Qualcuno arriva addirittura a ritenerla una scuola pensata a scopo di lucro. È un ritratto che nel quale non ci riconosciamo. Ci piacerebbe poterne parlare con calma e libertà.
In ogni caso, la Chiesa non potrà mai rinunciare ad un suo impegno anche diretto nell’educazione scolastica dei ragazzi. Certo questo non è l’unico modo di operare all’interno del mondo della scuola. Vi sono uomini e donne che a partire dalla loro fede svolgono in modo esemplare il compito di dirigenti scolastici, di docenti e di operatori tecnici e amministrativi nella scuola statale. Ma non possiamo escludere la possibilità di dar vita anche a scuole cattoliche.
Il nostro sogno è che si arrivi finalmente a guardare alla scuola cattolica nel quadro più ampio della scuola libera – come già succede in molti paesi europei – riconoscendole piena legittimità e non facendole mancare le risorse necessarie. Intanto però facciamo festa per la scuola, con tutti coloro che lo desiderano. Ci diamo dunque appuntamento per il mattino di sabato 20 maggio in piazza Duomo insieme con il nostro Arcivescovo.
+ Pierantonio Tremolada
Naturale/Artificiale. Lunedì 15 maggio appuntamento con i Dialoghi di Vita Buona
Il nostro viaggio dentro il cambiamento d’epoca che fa da cornice alle nostre vite, accelerando e trasformando culture, rappresentazioni, valori e legami (religioso compreso), giunge al suo termine con il terzo appuntamento dei Dialoghi di vita buona, il prossimo 15 maggio. Il secondo evento, lo scorso mese di febbraio, ci aveva portato ad identificare nel concetto di cura l’attitudine grazie alla quale abitare in modo umano la transizione epocale che stiamo vivendo. Una cura intesa in modo estensivo, non confinata nella dimensione immediata del suo significato (medica ed educativa). Abbiamo infatti declinato questo concetto anche nel mondo del lavoro e abbiamo ascoltato l’assunzione che ne fa la dimensione religiosa, in particolare quella cristiana. Una cura che diviene così potente e comprensiva di tutta l’esperienza umana da annunciare anche un vero inedito per le nostre culture: la resurrezione dei corpi come forma definitiva della cura.
Il terzo evento intende continuare lo sviluppo e la costruzione della mappa di questo concetto, misurandosi con i luoghi più aspri del cambiamento d’epoca, entrando nei mondi dell’economia e della politica. Nell’immaginario collettivo questi mondi appaiono come i meno capaci di aiutare le persone nell’abitare la transizione in atto, rappresentati spesso come i colpevoli (o, al massimo, gli attori ininfluenti) di un impoverimento della vita umana che alla fine porta le persone e le culture a regredire in un clima triste, segnato dalla paura e dall’isolamento, rassegnato e costretto dentro un presente che non ha alternative di senso valide e motivi capaci di accendere la speranza e le sue passioni.
La serata intende ascoltare voci di persone competenti e impegnate (accademici: un economista e uno scienziato della politica; attori diretti sul campo: una imprenditrice e un protagonista del terzo settore) per comprendere con loro come anche in questi mondi l’attitudine della cura riesce ad aprire e sviluppare dimensioni inedite e poco pensate, in grado di umanizzare esperienze e processi altrimenti sempre più artificiali e astratti, ovvero distaccati dal reale e produttori di alienazione. Una politica che si curi del cittadino, una identità europea che risponda al bisogno di senso e di futuro di molte rappresentazioni sociali e politiche attuali; una economia capace di creare legami, rigenerando forme di comunità e di unione tra i vari attori in campo, dilatando i confini di una ragione troppo imbrigliata nelle sole logiche del mercato: questi sono i temi che nutriranno gli interventi e il dialogo tra i relatori.
Anche il Cardinale Scola, ideatore dei Dialoghi di Vita Buona, prenderà parte in modo diretto a questa serata conclusiva, richiamando il valore e i guadagni del percorso fatto, proprio mentre ci mostrerà il bisogno che temi come il dono e concetti come quello di gratuità rientrino a far parte del vocabolario del mondo economico e politico, proprio per continuare a mantenere umano e abitabile per tutti il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo.
mons. Luca Bressan
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale
Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni: “Sospinti dallo Spirito per la missione”
Domenica 7 maggio celebriamo la 54ma Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni. E’ stato il beato Paolo VI nel 1964 a volere questo appuntamento annuale per tutta la Chiesa. Papa
Montini aveva intuito bene, di fronte ai nuovi orizzonti della evangelizzazione e ai processi di secolarizzazione, la necessità di risvegliare nel popolo di Dio l’importanza di pregare per il dono delle vocazioni, in particolare al sacerdozio e alla vita consacrata. Siamo indubbiamente in un tempo segnato da individualismo e indifferenza che non favorisce percorsi vocazionali. Occorre anche qui, come ci ricorda l’Arcivescovo Angelo, che la fede generi una nuova mentalità, educando a sentire la vita stessa come vocazione, come dono e
compito.
Papa Francesco per la Giornata mondiale di quest’anno ha scritto un messaggio intitolato “Sospinti dallo Spirito per la missione”; ci mette così di fronte alla dimensione missionaria della chiamata cristiana. La vita si realizza non se la tratteniamo, chiudendoci in noi stessi, ma se la mettiamo al servizio del Vangelo e dell’amore. Da questo messaggio di papa Francesco la Chiesa italiana ha proposto per la giornata mondiale di quest’anno il tema: “Vocazioni e santità: io sono una missione”. Ecco il contenuto per questa giornata! Pregare perché ciascuno scopra la vita come vocazione alla santità, alla pienezza dell’amore in Cristo (LG 42); pregare perché, soprattutto i giovani, scoprano la bellezza di una vita presa totalmente a servizio del regno di Dio.
In effetti, la giornata mondiale di quest’anno acquista un’importanza speciale per i giovani. Papa Francesco ha deciso di dedicare la prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi ai giovani (2018), al loro rapporto con la fede e il discernimento vocazionale. E’ decisivo, infatti, riscoprire la bellezza di una fede viva, capace di intercettare i desideri più profondi del cuore, rendendo possibile l’avventura di lasciarsi “mandare” da Gesù in tutti gli ambiti della vita quotidiana, ad essere testimoni profetici della vita buona del Vangelo.
mons. Paolo MartinelliPapa Francesco per la Giornata mondiale di quest’anno ha scritto un messaggio intitolato “Sospinti dallo Spirito per la missione”; ci mette così di fronte alla dimensione missionaria della chiamata cristiana. La vita si realizza non se la tratteniamo, chiudendoci in noi stessi, ma se la mettiamo al servizio del Vangelo e dell’amore. Da questo messaggio di papa Francesco la Chiesa italiana ha proposto per la giornata mondiale di quest’anno il tema: “Vocazioni e santità: io sono una missione”. Ecco il contenuto per questa giornata! Pregare perché ciascuno scopra la vita come vocazione alla santità, alla pienezza dell’amore in Cristo (LG 42); pregare perché, soprattutto i giovani, scoprano la bellezza di una vita presa totalmente a servizio del regno di Dio.
In effetti, la giornata mondiale di quest’anno acquista un’importanza speciale per i giovani. Papa Francesco ha deciso di dedicare la prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi ai giovani (2018), al loro rapporto con la fede e il discernimento vocazionale. E’ decisivo, infatti, riscoprire la bellezza di una fede viva, capace di intercettare i desideri più profondi del cuore, rendendo possibile l’avventura di lasciarsi “mandare” da Gesù in tutti gli ambiti della vita quotidiana, ad essere testimoni profetici della vita buona del Vangelo.
Vescovo e Vicario episcopale per la Vita Consacrata Maschile, Istituti secolari, nuove forme di vita consacrata maschili e femminili
VISITA DI PAPA FRANCESCO A MILANO.
Le VIDEO-LETTERE firmate da GIACOMO PORETTI.
Ogni settimana in due minuti un aspetto diverso della città.
Spiegare Milano a uno straniero in due minuti. È quello che cerca di fare Giacomo Poretti nella prima delle video-lettere, scritte e interpretate
dall’attore del famoso trio “Aldo, Giovanni e Giacomo”, per la visita di papa Francesco a Milano. Da sabato 25 febbraio fino all’arrivo di papa Francesco, ogni settimana una video-lettera diversa, che arricchisce ulteriormente il materiale
disponibile in avvicinamento e preparazione alla visita del Santo Padre.
«Non ti fare intristire da certe frasi che ti avranno riportato. Noi gli stranieri, gli argentini, li abbiamo sempre accolti, bene», avverte quasi sottovoce
Poretti che fa subito dopo tre esempi: Milito, Cambiasso, Zanetti detto “el Tractor”. Tre giocatori che hanno militato nelle squadre di casa, tutti e tre argentini nipoti o pronipoti di immigrati italiani, proprio come il Pontefice.
Nel videoselfie c’è spazio anche per stigmatizzare alcune “bizzarrie” locali, come ad esempio il «bosco verticale», premiato come il palazzo più bello del mondo, «perché a noi milanesi che siamo un po’ bauscia o pomposo, i boschi piace farli verso il cielo» e le palme in piazza Duomo «messe per ricordare forse il sole di Miami e della Palestina a noi che abbiamo sempre la nebbia».
Autoprodotte dallo stesso Poretti con uno smartphone nel salotto di casa, le “letterine”, da 120 secondi, come ama definirle lo stesso autore, hanno un tono confidenziale e tenero, come fossero i messaggi di saluto di un figlio a un papà che torna da un lungo viaggio, e vogliono dare il benvenuto al Papa, presentandogli, ogni settimana un aspetto diverso della città.
Nel videoselfie c’è spazio anche per stigmatizzare alcune “bizzarrie” locali, come ad esempio il «bosco verticale», premiato come il palazzo più bello del mondo, «perché a noi milanesi che siamo un po’ bauscia o pomposo, i boschi piace farli verso il cielo» e le palme in piazza Duomo «messe per ricordare forse il sole di Miami e della Palestina a noi che abbiamo sempre la nebbia».
Autoprodotte dallo stesso Poretti con uno smartphone nel salotto di casa, le “letterine”, da 120 secondi, come ama definirle lo stesso autore, hanno un tono confidenziale e tenero, come fossero i messaggi di saluto di un figlio a un papà che torna da un lungo viaggio, e vogliono dare il benvenuto al Papa, presentandogli, ogni settimana un aspetto diverso della città.
La prima video-lettera:
https://youtu.be/qCgNU4btT9U
Tutto il materiale in avvicinamento alla visita del Santo Padre è disponibile su
papamilano2017.it
La Chiesa: popolo di Dio in cammino nell’oggi
La visita di Papa Francesco è l’occasione straordinaria per condividere un sogno e riscoprirci destinatari del
dono di essere Popolo di Dio. Così si esprime il Pontefice nella sua Lettera apostolica Evangelii Gaudium: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”. (EG 27)
Tutti siamo invitati a dare il contributo utile a questa azione missionaria che permetta di annunciare il Vangelo dentro le pieghe di una quotidianità, oggi molte volte lontana e estranea alla Buona Notizia, per ignoranza, per pigrizia, per abitudine…
In particolare la parrocchia è la porzione di Chiesa più vicina alla vita della gente e, se si rende disponibile a lasciarsi trasformare dalla forza dello Spirito, può continuare a vivere in costante atteggiamento di “uscita” favorendo così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Allo stesso modo la parrocchia può essere nel territorio “presenza ecclesiale, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione”. Dice ancora il Papa: “Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare e centro di costante invio missionario” (EG 28). Nel lasciarci provocare da questo orizzonte missionario riscopriamo il fatto che tutta la Chiesa, in cui ogni battezzato è discepolo-missionario, è Popolo di Dio in cammino nell’oggi. La parrocchie e le comunità pastorali non sono solo “organizzazioni del sacro”, ma porzioni dell’unico Popolo di Dio, umile, beato e disinteressato, gratuito, aperto a tutti i popoli, segno del suo amore misericordioso nella quotidianità perché, come ci è stato più volte ricordato, il campo di Dio è il mondo.
L’incontro con il Papa sarà per ciascuno l’esperienza viva e concreta di questa dimensione profonda.
Tutti siamo invitati a dare il contributo utile a questa azione missionaria che permetta di annunciare il Vangelo dentro le pieghe di una quotidianità, oggi molte volte lontana e estranea alla Buona Notizia, per ignoranza, per pigrizia, per abitudine…
In particolare la parrocchia è la porzione di Chiesa più vicina alla vita della gente e, se si rende disponibile a lasciarsi trasformare dalla forza dello Spirito, può continuare a vivere in costante atteggiamento di “uscita” favorendo così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Allo stesso modo la parrocchia può essere nel territorio “presenza ecclesiale, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione”. Dice ancora il Papa: “Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare e centro di costante invio missionario” (EG 28). Nel lasciarci provocare da questo orizzonte missionario riscopriamo il fatto che tutta la Chiesa, in cui ogni battezzato è discepolo-missionario, è Popolo di Dio in cammino nell’oggi. La parrocchie e le comunità pastorali non sono solo “organizzazioni del sacro”, ma porzioni dell’unico Popolo di Dio, umile, beato e disinteressato, gratuito, aperto a tutti i popoli, segno del suo amore misericordioso nella quotidianità perché, come ci è stato più volte ricordato, il campo di Dio è il mondo.
L’incontro con il Papa sarà per ciascuno l’esperienza viva e concreta di questa dimensione profonda.
Valentina Soncini
Segretario Consiglio Pastorale Diocesano
Papa Francesco viene a visitare Milano e le terre ambrosiane.
L’intenso itinerario che percorrerà il 25 marzo, dalle case bianche al carcere di san Vittore, dal Duomo di Milano al parco di Monza per la celebrazione della santa Messa, fino all’incontro con i cresimandi allo stadio di san Siro, è il segno più eloquente della sua volontà di essere tra noi per confermare la nostra fede e contagiarci con la forza della sua testimonianza missionaria.
La Milano che si prepara ad accogliere il Papa è una città che sta vivendo sulla propria pelle quel cambiamento d’epoca (molto più potente di una semplice epoca di cambiamenti) di cui papa Francesco parla spesso. La terra dei santi Ambrogio e Carlo, questo grande tessuto urbano che copre e supera il territorio diocesano, sta conoscendo da un lato un grande momento di risveglio e rilancio (complice il rinnovamento avuto con EXPO); ma dall’altro è provocata e sfidata da un contesto culturale e sociale in forte trasformazione, che non sempre favorisce l’incontro di popoli e di culture in una convivenza capace di conciliare le differenze. La visita del Papa, a cui occorre prepararsi con cura in queste settimane, sarà l’occasione per ravvivare il nostro contributo a questo processo di ricerca e di ricostruzione dell’anima della città e delle terre ambrosiane. Dall’incontro con papa Francesco ci attendiamo di acquisire nuova consapevolezza sulla nostra identità di popolo posto da Dio dentro la storia, come recita il titolo dato all’evento: “in questa città ho un popolo numeroso, dice il Signore” (At 18,10).
Prepararsi significa accendere momenti di confronto e di verifica, per cogliere quanto a Milano e nelle terre ambrosiane siamo quella Chiesa “umile, beata e disinteressata” che papa Francesco ci ha descritto al Convegno Ecclesiale di Firenze; Chiesa “in uscita” che svela il suo volto facendosi carico con amore generoso del desiderio di vita dell’intera umanità, spesso dolorosamente ferita dal male; Chiesa che pone al centro i poveri, dai quali impara lo stesso farsi povero di Gesù. Invitiamo tutti, singoli e parrocchie, famiglie e consacrati/e, gruppi e realtà ecclesiali, a fare del sussidio pubblicato dalla Diocesi proprio in preparazione alla visita del Papa (lo potete trovare sul sito diocesano) uno strumento di riflessione, preghiera, confronto e dibattito tra di noi ma anche con la società civile, perché possiamo arrivare all’incontro con papa Francesco avendo gustato il sapore del sogno di Chiesa che ci consegna come compito proprio con questa sua visita.
mons. Luca BressanLa Milano che si prepara ad accogliere il Papa è una città che sta vivendo sulla propria pelle quel cambiamento d’epoca (molto più potente di una semplice epoca di cambiamenti) di cui papa Francesco parla spesso. La terra dei santi Ambrogio e Carlo, questo grande tessuto urbano che copre e supera il territorio diocesano, sta conoscendo da un lato un grande momento di risveglio e rilancio (complice il rinnovamento avuto con EXPO); ma dall’altro è provocata e sfidata da un contesto culturale e sociale in forte trasformazione, che non sempre favorisce l’incontro di popoli e di culture in una convivenza capace di conciliare le differenze. La visita del Papa, a cui occorre prepararsi con cura in queste settimane, sarà l’occasione per ravvivare il nostro contributo a questo processo di ricerca e di ricostruzione dell’anima della città e delle terre ambrosiane. Dall’incontro con papa Francesco ci attendiamo di acquisire nuova consapevolezza sulla nostra identità di popolo posto da Dio dentro la storia, come recita il titolo dato all’evento: “in questa città ho un popolo numeroso, dice il Signore” (At 18,10).
Prepararsi significa accendere momenti di confronto e di verifica, per cogliere quanto a Milano e nelle terre ambrosiane siamo quella Chiesa “umile, beata e disinteressata” che papa Francesco ci ha descritto al Convegno Ecclesiale di Firenze; Chiesa “in uscita” che svela il suo volto facendosi carico con amore generoso del desiderio di vita dell’intera umanità, spesso dolorosamente ferita dal male; Chiesa che pone al centro i poveri, dai quali impara lo stesso farsi povero di Gesù. Invitiamo tutti, singoli e parrocchie, famiglie e consacrati/e, gruppi e realtà ecclesiali, a fare del sussidio pubblicato dalla Diocesi proprio in preparazione alla visita del Papa (lo potete trovare sul sito diocesano) uno strumento di riflessione, preghiera, confronto e dibattito tra di noi ma anche con la società civile, perché possiamo arrivare all’incontro con papa Francesco avendo gustato il sapore del sogno di Chiesa che ci consegna come compito proprio con questa sua visita.
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale – Arcidiocesi di Milano - Presidente Caritas Ambrosiana
“In questa città io ho un popolo numeroso” dice il Signore (At 18,10)
Carissimi, Papa Francesco viene a Milano il 25
marzo 2017, solennità dell’Annunciazione della Beata Vergine Maria per
il ministero che gli è stato affidato di confermare nella fede i suoi
fratelli (Lc 22,32).
In questa terra, laboriosa fino alla frenesia e
forse incerta fino allo smarrimento, generosa fino allo sperpero e forse
intimorita fino alla spavento, sentiamo il bisogno e domandiamo la
grazia di essere confermati in quella fede che gli
Apostoli ci hanno trasmesso e che attraversa i secoli fino a noi.
Ci incamminiamo verso l’evento
della visita papale con il desiderio che non si riduca ad esperienza di
una emozione intensa e passeggera: sia piuttosto una grazia che
conforti, confermi, orienti la nostra fede, nel nostro
cammino verso la Pasqua, in preghiera con Maria e offra ragioni e segni
per la speranza di tutti gli uomini e le donne della nostra terra. Aspettiamo la vista di Papa
Francesco quale compimento della “visita pastorale feriale” in atto
nella nostra diocesi, che si propone di intuire il passo che il Signore
ci chiede per continuare a irradiare la gioia del Vangelo:
sarà pertanto utile riprendere Evangelii Gaudium e la Lettera Pastorale
Educarsi al pensiero di Cristo, perché sia maggiormente conosciuta e
approfondita e perché diventi realmente “anima” della vita delle
comunità, attraverso proposte di preghiera, per esempio in momenti di
prolungata adorazione, iniziative di formazione,
per esempio in occasione di catechesi per adulti e della predicazione
speciale nei quaresimali. Siamo in cammino per custodire e far
risplendere i tratti di una Chiesa umile, disinteressata e beata, come
Papa Francesco stesso ha raccomandato alla Chiesa Italiana,
nel Convegno ecclesiale di Firenze.
Ci prepariamo a ringraziare il Papa per il dono del Giubileo straordinario della Misericordia annunciato in
Misericordiae vultus. Avremo cura che l’abbondante effusione di
grazie, sperimentata da molti, continui a portare frutto nel vivere il
sacramento della riconciliazione nelle nostre chiese e nelle chiese
penitenziali (in coerenza con quanto ci chiede
il Papa nella lettera apostolica Misericordia et misera, in cui
sono richiamati anche altri aspetti importanti del cammino successivo al
Giubileo). A questo proposito sarà opportuno che in ogni chiesa siano
decisi e pubblicati orari di presenza assicurata
del confessore e potrà essere fruttuoso che il sacramento della
confessione sia celebrato anche in forma comunitaria, come ha
sperimentato il clero in Duomo, in occasione della festa di san Carlo. A
nessuno manchi mai l’offerta della misericordia del Padre
che rigenera la vita e nutre la speranza.
Dobbiamo insistere sulla
conversione missionaria delle nostre comunità e la responsabilità della
testimonianza di cui deve farsi carico ogni battezzato. “Ho un popolo numeroso in questa città”
rivela il Signore all’apostolo
scoraggiato (cfr At 18,10). I passi che le comunità decidono durante la
visita pastorale devono orientare il cammino di tutti verso il campo
che è il mondo, con le opere di misericordia e le parole che ne rivelano
l’origine e il senso. L’Arcivescovo porterà
il Santo Chiodo per le strade della diocesi durante le Via crucis di
Quaresima per accompagnarsi alle comunità in cammino nel segno della
Pasqua, con l’annuncio dell’amore fino alla fine che conforma ai
sentimenti e alla mentalità di Cristo, al punto da rendere
possibile essere misericordiosi come è misericordioso il Padre. Nessuno
deve lasciarsi rubare la gioia dell’evangelizzazione (EG 83), che
diventa conversazione quotidiana, educazione alla fede nelle famiglie,
pratica ordinaria negli affetti, nel lavoro, nella
festa. Un “popolo numeroso” ha bisogno del Vangelo e questa nostra
città lo invoca con segni e linguaggi molteplici. Il programma della visita di Papa
Francesco è stato pubblicato: l’intensità di quella giornata rivela
l’affetto del Papa e il suo desiderio di raggiungere tutti e noi tutti
vogliamo prepararci a ricambiare l’affetto e a
farci raggiungere dalla sua parola. Vogliamo tutti essere presenti, non
pretendendo il privilegio di essere i primi, i vicini, i preferiti, ma
desiderando la grazia di essere benedetti dentro il popolo numeroso che
questa città esprimerà in quell’occasione.
Il Consiglio Episcopale Milanese
Milano, Solennità dell’Immacolata, 2016
Entriamo nell’Avvento. La successione dei tempi liturgici si rivela provvidenziale in questo momento storico: di fronte alle tante paure che generano emozioni e violenza in ognuno di noi – l’elenco delle fonti di questa paura e violenza si fa ormai lungo: dai profughi al terremoto; dalla guerra in Siria e in Iraq alla crudezza della campagna elettorale americana; dalla fragilità della nostra identità europea alle conseguenze di una crisi economica che sta rimodellando in perdita i nostri ritmi di vita – l’Avvento cristiano si rivela come un dono inaspettato da custodire gelosamente, per la sua capacità di indicarci lo stile corretto per abitare questo cambiamento d’epoca, come ci ricorda Papa Francesco.
Accogliere e generare amore. L’Avvento ci racconta e ci ricorda proprio queste due azioni, questi due atteggiamenti. Sono gli atteggiamenti di Dio, innamorato perso di noi, dell’umanità; sono gli atteggiamenti di Maria, colei che con la sua fede ha consentito che il Figlio di Dio abitasse la nostra storia e ci rivelasse il volto di Dio come suo e nostro Padre.
Accogliere e generare amore. Sono questi gli atteggiamenti migliori grazie ai quali affrontare il futuro che ci attende. Abbiamo bisogno che l’Avvento diventi lo stile dei cristiani, e poi di tutti gli uomini, per esorcizzare quella violenza che tutti temiamo ma che contribuiamo a gonfiare proprio con le nostre paure. L’Avvento come pratica di vita chiede luoghi e azioni esemplari, che rendano evidenti e tangibili i frutti generati. Proprio una simile cornice consente di comprendere il significato profondo del sostegno che la Diocesi intende dare durante tutto il prossimo periodo di Avvento alla campagna in favore dell’affido familiare promossa da Caritas Ambrosiana. Non è più utopistico garantire attraverso questo strumento il diritto a una famiglia ad ogni bambino che viene allontanato da quella di origine. L’affido è un modo concreto di fare delle nostre vite un Avvento incarnato. Anche a Milano sempre più famiglie scelgono di aprire le porte di casa per un periodo di tempo ai figli degli altri. Queste famiglie ci dimostrano che l’Avvento non soltanto è uno stile di vita possibile, ma è anche uno stile di vita capace di cambiare la storia, salvando gli uomini dai tanti inferni artificiali che loro stessi hanno saputo creare.
Abbiamo bisogno dell’Avvento. Il mio augurio è che il tempo di Avvento che sta per cominciare ci aiuti a moltiplicare i luoghi e le pratiche di Avvento dentro le nostre vite, dentro le vite delle nostre famiglie.
mons. Luca Bressan
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale – Arcidiocesi di Milano - Presidente Caritas Ambrosiana
Accogliere e generare amore. L’Avvento ci racconta e ci ricorda proprio queste due azioni, questi due atteggiamenti. Sono gli atteggiamenti di Dio, innamorato perso di noi, dell’umanità; sono gli atteggiamenti di Maria, colei che con la sua fede ha consentito che il Figlio di Dio abitasse la nostra storia e ci rivelasse il volto di Dio come suo e nostro Padre.
Accogliere e generare amore. Sono questi gli atteggiamenti migliori grazie ai quali affrontare il futuro che ci attende. Abbiamo bisogno che l’Avvento diventi lo stile dei cristiani, e poi di tutti gli uomini, per esorcizzare quella violenza che tutti temiamo ma che contribuiamo a gonfiare proprio con le nostre paure. L’Avvento come pratica di vita chiede luoghi e azioni esemplari, che rendano evidenti e tangibili i frutti generati. Proprio una simile cornice consente di comprendere il significato profondo del sostegno che la Diocesi intende dare durante tutto il prossimo periodo di Avvento alla campagna in favore dell’affido familiare promossa da Caritas Ambrosiana. Non è più utopistico garantire attraverso questo strumento il diritto a una famiglia ad ogni bambino che viene allontanato da quella di origine. L’affido è un modo concreto di fare delle nostre vite un Avvento incarnato. Anche a Milano sempre più famiglie scelgono di aprire le porte di casa per un periodo di tempo ai figli degli altri. Queste famiglie ci dimostrano che l’Avvento non soltanto è uno stile di vita possibile, ma è anche uno stile di vita capace di cambiare la storia, salvando gli uomini dai tanti inferni artificiali che loro stessi hanno saputo creare.
Abbiamo bisogno dell’Avvento. Il mio augurio è che il tempo di Avvento che sta per cominciare ci aiuti a moltiplicare i luoghi e le pratiche di Avvento dentro le nostre vite, dentro le vite delle nostre famiglie.
mons. Luca Bressan
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale – Arcidiocesi di Milano - Presidente Caritas Ambrosiana
La festa della riconciliazione
Ci sono quelli che iniziano dicendo: “Non so che cosa dire”. Ci sono quelli che obiettano: “Non capisco perché dovrei
dire al prete i miei peccati”. Ci sono quelli che parlano a lungo, di tutto, amarezze, dolori, ingiustizie: parlano di
tutto, eccetto che dei loro peccati. Insomma sembra che il sacramento sia tutto lì, nelle parole di chi si confessa. Forse anche per questo per alcuni la confessione è una fatica, un imbarazzo, e molti non si confessano. Ma il sacramento della confessione si chiama anche sacramento della riconciliazione, per dire che il sacramento non si
riduce all’opera dell’uomo che si dichiara peccatore elencando i suoi peccati: è piuttosto l’opera del Padre misericordioso che accoglie, perdona, fa festa per il figlio che torna scoraggiato e ferito per la sua vita sbagliata.
Ecco: una festa! La festa non si può celebrare in solitudine, di
nascosto. Ci deve essere gente, ci deve essere gioia e musica, affetti e
cose buone. La festa della riconciliazione dei peccatori pentiti è
evento di Chiesa. Così si celebra il perdono di
Dio: insieme! Insieme si riconosce che i propri peccati sono un danno anche per gli altri. Insieme si sperimenta che perdono sperimentando che c’è una comunità che condivide la tristezza del peccato e la gioia
della riconciliazione. Insieme si riprende il cammino verso la santità non
come l’impresa solitaria, ma come grazia sostenuta da tutto il popolo
santo di Dio. I preti sono, anche loro, peccatori in cammino
verso la santità. Perciò sono confessori, ma anche penitenti. Si
confessano e sperimentano la gioia del perdono. Fanno festa, perché
sperimentano la misericordia di Dio. Per questo nella festa di san Carlo, il prossimo 4
novembre, i preti si trovano tutti in Duomo a Milano per celebrare
insieme il sacramento della confessione e la festa della
riconciliazione. Si può immaginare che la gioia e la forza di
quel momento condiviso siano un buon motivo per ingegnarsi a salvare il
sacramento della confessione dalla sua riduzione individualistica.
Diventerà festa condivisa in ogni comunità che accoglie la misericordia
di Dio.
S.E. mons. Mario Delpini
Vicario Generale - Arcidiocesi di Milano
Naturale/Artificiale. Cosa sta diventando la vita?
I Dialoghi di vita buona ripartono, con l’intenzione di aiutare la Milano, che si vede sempre più nei panni
della metropoli europea, a trovare occasioni per ragionare sulle questioni che decidono il nostro futuro. Non ha senso dividersi in modo pregiudiziale, senza aver ascoltato le ragioni dell’altro: solo da un confronto reale e profondo può nascere quella stima che fa da base ad ogni legame sociale.
Lo scorso anno ci eravamo cimentati con la tematica dei confini, affrontando la questione delle migrazioni e la sfida che rappresenta per l’Europa. In questo secondo anno i Dialoghi assumono come filo conduttore il tema della tecnica e
l’influsso che ha nella vita umana. Da qui il titolo complessivo:
Naturale/Artificiale. L’esperienza diretta ci mostra come le invenzioni tecnologiche stanno trasformando la nostra vita. L’impressione che ne traiamo è che tra naturale e artificiale gli spazi di contiguità siano sempre più ridotti. Si respira un clima di contrapposizione e una voglia di supremazia: la natura deve essere superata. Vogliamo il superuomo. Il mondo della ricerca ci insegna che i confini tra naturale e artificiale si vanno confondendo, facendo nascere la possibilità di un potere di manipolazione inimmaginabile. Nello scenario nuovo che si va delineando, dominato dalla tecnica e dalle scoperte scientifiche, come ritrovare lo spazio dei valori fondanti la nostra vita?
Naturale/Artificiale. Il dominio assunto dal secondo termine permette all’essere umano di potenziare il suo desiderio. Più di un pensatore legge nello sviluppo della tecnologia il riflesso assunto dal nostro desiderio mai sopito di immortalità. Come leggere e comprendere i mutamenti che un simile modo di pensare genera sulla comprensione che l’uomo ha di sé? I Dialoghi sono un ottimo spazio per istruire il dibattito su mutamenti così grossi e al tempo stesso basilari per la costruzione della grammatica di comprensione della vita umana.
Naturale/Artificiale. Il mondo della cura, in tutte le sue dimensioni e in tutti i suoi significati (educativo, medico, istituzionale, religioso), è uno dei luoghi più coinvolti e toccati dalle trasformazioni in atto. Come rideclinare il concetto di potere, quale contenuto dargli, quali buone pratiche mostrare: anche questo è uno degli obiettivi dei Dialoghi.
Naturale/Artificiale. La tecnica si presenta oggi come un buon surrogato di ciò che era l’esperienza religiosa. Oggi ci si affida alla tecnica, convinti della sua onnipotenza. Le religioni non possono non sentirsi sollecitate. Per noi cristiani la sfida è lanciata: in questo mondo dominato dalla tecnologia occorre essere capaci di rendere ragione della nostra fede nel Dio di Gesù Cristo, testimoniando che l’amore è un “superparadigma” capace di battere il paradigma del superuomo: anche questo è sicuramente uno degli scopi dei Dialoghi di vita buona, che ci permette di comprendere l’utilità di un simile strumento per la costruzione di una Milano veramente metropoli d’Europa.
Naturale/Artificiale. L’esperienza diretta ci mostra come le invenzioni tecnologiche stanno trasformando la nostra vita. L’impressione che ne traiamo è che tra naturale e artificiale gli spazi di contiguità siano sempre più ridotti. Si respira un clima di contrapposizione e una voglia di supremazia: la natura deve essere superata. Vogliamo il superuomo. Il mondo della ricerca ci insegna che i confini tra naturale e artificiale si vanno confondendo, facendo nascere la possibilità di un potere di manipolazione inimmaginabile. Nello scenario nuovo che si va delineando, dominato dalla tecnica e dalle scoperte scientifiche, come ritrovare lo spazio dei valori fondanti la nostra vita?
Naturale/Artificiale. Il dominio assunto dal secondo termine permette all’essere umano di potenziare il suo desiderio. Più di un pensatore legge nello sviluppo della tecnologia il riflesso assunto dal nostro desiderio mai sopito di immortalità. Come leggere e comprendere i mutamenti che un simile modo di pensare genera sulla comprensione che l’uomo ha di sé? I Dialoghi sono un ottimo spazio per istruire il dibattito su mutamenti così grossi e al tempo stesso basilari per la costruzione della grammatica di comprensione della vita umana.
Naturale/Artificiale. Il mondo della cura, in tutte le sue dimensioni e in tutti i suoi significati (educativo, medico, istituzionale, religioso), è uno dei luoghi più coinvolti e toccati dalle trasformazioni in atto. Come rideclinare il concetto di potere, quale contenuto dargli, quali buone pratiche mostrare: anche questo è uno degli obiettivi dei Dialoghi.
Naturale/Artificiale. La tecnica si presenta oggi come un buon surrogato di ciò che era l’esperienza religiosa. Oggi ci si affida alla tecnica, convinti della sua onnipotenza. Le religioni non possono non sentirsi sollecitate. Per noi cristiani la sfida è lanciata: in questo mondo dominato dalla tecnologia occorre essere capaci di rendere ragione della nostra fede nel Dio di Gesù Cristo, testimoniando che l’amore è un “superparadigma” capace di battere il paradigma del superuomo: anche questo è sicuramente uno degli scopi dei Dialoghi di vita buona, che ci permette di comprendere l’utilità di un simile strumento per la costruzione di una Milano veramente metropoli d’Europa.
mons. Luca Bressan
Vicario Episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale - Arcidiocesi di Milano
Vicario Episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale - Arcidiocesi di Milano
La vita buona del Vangelo tra presente e futuro:
la proposta di pastorale giovanile per l’anno pastorale 2016-2017
la proposta di pastorale giovanile per l’anno pastorale 2016-2017
Il cammino dell’anno pastorale che inizia continua con lo stesso obiettivo dell’anno precedente: educarsi al pensiero di Cristo, assumere lo sguardo di Gesù.
Alla domanda: “tu come la pensi?” dovremmo riuscire a rispondere non solo offrendo un’opinione personale ma rendendo
evidente il pensiero di Cristo, facendone cogliere tutta la forza, la bellezza, la verità. Siamo inoltre nel pieno dell’Anno Santo della Misericordia. Sappiamo che la misericordia è l’essenza del pensiero di Cristo, è come il cuore per l’occhio: se il cuore è ripiegato su di sé, gli occhi si ammalano e tutto si sfuoca. Vogliamo dunque raccogliere nell’anno pastorale che abbiamo davanti l’eredità del Giubileo della Misericordia, unendo insieme il pensare e l’agire, il valutare e il decidere, perché – come ci ricorda l’apostolo – “a spingerci è l’amore di Cristo” (2Cor 5,14).
Il testo guida per la Pastorale Giovanile scelto quest’anno è Mt 19, 16-22. Il protagonista è un giovane animato da un grande desiderio di vita. il suo incontro con Gesù potrebbe dare pieno appagamento a quanto egli cerca con verità, ma i beni posseduti si frappongono tra lui e il Signore della vita, ed egli se ne va triste. Il desiderio di vita vera anima il cuore di questo giovane, ma prima ancora anima il cuore di Gesù. Egli sa che dall’accoglienza del suo invito dipenderà il raggiungimento di quanto quest’uomo desidera. È l’appello del Vangelo, decisivo, che arriva alla coscienza libera, domanda fiducia totale, coraggio di assumere il suo pensiero. In gioco c’è la gioia di vivere, la letizia interiore, la beatitudine che Gesù annuncia.
In questa direzione muove dunque quest’anno il nostro cammino con i giovani e i ragazzi, alla scuola di colui che, come vero Signore della vita, chiama a seguirlo nella libertà. Questo ci è chiesto: concentrarsi sull’essenziale per sentire tutta la forza della voce del Signore; lasciarsi guidare da lui a riconoscere con umiltà i lacci che tengono avvinta la nostra libertà e ci impediscono di dare compimento ai nostri desideri più veri. Una promessa accompagna questo invito a scegliere nella libertà di stare con lui: “Chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
S.E. mons. Pierantonio Tremolada
Il testo guida per la Pastorale Giovanile scelto quest’anno è Mt 19, 16-22. Il protagonista è un giovane animato da un grande desiderio di vita. il suo incontro con Gesù potrebbe dare pieno appagamento a quanto egli cerca con verità, ma i beni posseduti si frappongono tra lui e il Signore della vita, ed egli se ne va triste. Il desiderio di vita vera anima il cuore di questo giovane, ma prima ancora anima il cuore di Gesù. Egli sa che dall’accoglienza del suo invito dipenderà il raggiungimento di quanto quest’uomo desidera. È l’appello del Vangelo, decisivo, che arriva alla coscienza libera, domanda fiducia totale, coraggio di assumere il suo pensiero. In gioco c’è la gioia di vivere, la letizia interiore, la beatitudine che Gesù annuncia.
In questa direzione muove dunque quest’anno il nostro cammino con i giovani e i ragazzi, alla scuola di colui che, come vero Signore della vita, chiama a seguirlo nella libertà. Questo ci è chiesto: concentrarsi sull’essenziale per sentire tutta la forza della voce del Signore; lasciarsi guidare da lui a riconoscere con umiltà i lacci che tengono avvinta la nostra libertà e ci impediscono di dare compimento ai nostri desideri più veri. Una promessa accompagna questo invito a scegliere nella libertà di stare con lui: “Chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
S.E. mons. Pierantonio Tremolada
Vescovo - Vicario Episcopale per l'Evangelizzazione e i Sacramenti
Editoriale per l’avvio dell’anno pastorale 2016/17
Forse nei calendari parrocchiali e nelle agende degli impegnati non ci sono più date disponibili. Forse alla gente l’anno pastorale appare come un insieme di iniziative stentate perché “siamo sempre meno e sempre più vecchi”. Forse sui bollettini parrocchiali non c’è più spazio per nuovi annunci. Allora, che pur con tutta la buona volontà, delle indicazioni dell’Arcivescovo per l’anno pastorale 2016/17 non se ne farà nulla. L’Arcivescovo infatti propone di lasciarsi condurre dallo Spirito di Dio a configurare un nuovo volto di Chiesa, una Chiesa riformata dalla docilità allo Spirito nell’”assecondare la realtà”.
La realtà è la famiglia nella complessità delle sue forme e delle sue storie: la proposta pastorale non chiede alle famiglie ulteriori impegni per essere “soggetti di evangelizzazione”. Piuttosto trova modo di accompagnare la vita ordinaria di ciascuna famiglia per aiutarla ad essere luogo di Vangelo: nel dare la vita e nel custodirne la buona qualità si rivela anche il significato della vita e la sua vocazione. Che valga la pena di propiziare l’ascolto della Parola di Dio in famiglia e la partecipazione alla Messa domenicale?
La realtà è la pluralità di presenze personali e associative: la proposta pastorale non vuole organizzare una spartizione di compiti, spazi e potere, né includere alcuni ed escludere altri. Piuttosto vuole alimentare un senso di comunione, così che il dono di ciascuno sia per l’edificazione di tutti. Che valga la pena di invitare tutti a partecipare alla Messa domenicale?
La realtà è la società nella sua molteplicità di componente: la proposta pastorale non presume di esercitare una egemonia nella società plurale, ma offre a uomini e donne di questo tempo la testimonianza di una speranza affidabile. In altre parole vive la fede in modo che diventi cultura. Che valga la pena di incoraggiare i cristiani a conversare con colleghi, amici, vicini di casa sulle cose serie della vita?
La realtà è la famiglia nella complessità delle sue forme e delle sue storie: la proposta pastorale non chiede alle famiglie ulteriori impegni per essere “soggetti di evangelizzazione”. Piuttosto trova modo di accompagnare la vita ordinaria di ciascuna famiglia per aiutarla ad essere luogo di Vangelo: nel dare la vita e nel custodirne la buona qualità si rivela anche il significato della vita e la sua vocazione. Che valga la pena di propiziare l’ascolto della Parola di Dio in famiglia e la partecipazione alla Messa domenicale?
La realtà è la pluralità di presenze personali e associative: la proposta pastorale non vuole organizzare una spartizione di compiti, spazi e potere, né includere alcuni ed escludere altri. Piuttosto vuole alimentare un senso di comunione, così che il dono di ciascuno sia per l’edificazione di tutti. Che valga la pena di invitare tutti a partecipare alla Messa domenicale?
La realtà è la società nella sua molteplicità di componente: la proposta pastorale non presume di esercitare una egemonia nella società plurale, ma offre a uomini e donne di questo tempo la testimonianza di una speranza affidabile. In altre parole vive la fede in modo che diventi cultura. Che valga la pena di incoraggiare i cristiani a conversare con colleghi, amici, vicini di casa sulle cose serie della vita?
S.E. mons. Mario Delpini
Vicario Generale - Arcidiocesi di Milano
Vicario Generale - Arcidiocesi di Milano